Newsletter 1

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Perchè questa lettera di Andria ai propri iscritti e simpatizzanti di Roberto Fraioli

Diabete gestazionale: diagnosi o over-diagnosi? di Debora Balestreri

I Dati dei parti in Europa (Peristat 2013)   di Barbara Grandi

a) I dati sui parti del 2010 in Europa, il caso Italia

b) Considerazioni sul caso Olanda

BMJ: Partorire a casa è più sicuro che partorire in ospedale   di Greta Loni

EMA: pillole di 3° e 4° generazione rimandate ad ottobre. In Francia si cambia di Pietro Puzzi

Consultori e contraccezione: 2 diritti da riconquistare di Pietro Puzzi

Portare e cambiare i piccoli: le fasce e i pannolini utili per vivere meglio di Greta Loni

 

Perchè questa lettera di Andria ai propri iscritti e simpatizzanti di Roberto Fraioli

Quando venne costituita Andria, a metà degli anni novanta, come “Coordinamento per la promozione di una assistenza appropriata in Ostetricia” da cui nel 2005 prese origine l’Associazione Scientifica Andria, fu subito chiara l’esigenza di lavorare “in rete” con tutti i professionisti e le professioniste impegnati nell’assistenza alla nascita e interessati alla salute riproduttiva della donna.

Da allora si sono susseguiti i convegni annuali ed i corsi di formazione in diverse realtà italiane. La continuità del lavoro di ricerca e divulgazione è stato tenuto tenuto dal Direttivo di Andria, che nel tempo ha avuto diversi rinnovamenti. Nel direttivo un ruolo importante è svolto da Presidente, segretario e tesoriere, cariche ricoperte attualmente dal Debora Balestreri, Roberto Fraioli e Nadia Urli. Il direttivo, convocato circa 3 volte l’anno discute gli orientamenti della Società e organizza le iniziative da prendere, distribuendo gli incarichi fra i membri.

La ANDRIA newsletter ha il compito di mantenere il contatto con i soci durante l’anno e raccogliere le loro critiche e sollecitazioni. La redazione è stata affidata in fase iniziale a Pietro Puzzi (medico) e a Greta Loni (ostetrica).

ANDRIA newsletter si affianca agli altri strumenti a nostra disposizione, con altre finalità che sono :

il gruppo  e la pagina Facebook Associazione Scientifica Andria

Twitter: https://twitter.com/as_andria

Il sito www.associazioneandria.it

Il forum ‘cerchi’ 

Buona lettura

 

1. Diabete gestazionale: diagnosi o over-diagnosi?  di Debora Balestreri

L’IADPSG (International Association of the Diabetes and Pregnancy Study Groups) ha proposto  nel 2010 dei nuovi criteri diagnostici per il diabete gestazionale basandosi sui risultati dello studio HAPO (Hyperglycemia and Adverse Pregnancy Outcomes).

Utilizzando questi criteri si stima che in circa il 18% delle gravidanze sarà posta diagnosi di diabete gestazionale. Quindi 1 donna su cinque sarà considerata come “gravidanza patologica” con maggiore ricorso a visite prenatali, ecografie e medicalizzazione della gravidanza e del parto.

Le domande che ci si pone oggi sono molte: è giustificato un tale aumento diagnostico o siamo di fronte ad un caso di l’over-diagnosi per modifica dei cut-offs come in altri campi della medicina? E’ dimostrato che l’outcome perinatale migliora in così tante pazienti? Con l’aumento della medicalizzazione rischiamo di creare altra patologia, in particolare maggior ricorso a induzioni e quindi maggior rischio di  taglio cesareo?

Questo è stato uno degli argomenti dell’ultimo congresso di ANDRIA “Ostetricia: EBM e oltre” a Bologna ad Aprile 2013 nella sessione del “Disease Mongering”, in altre parole le malattie inventate o create.

Nel prossimo congresso nazionale del 2014 amplieremo ad altri argomenti di interesse ostetrico-ginecologico l’importanza di fare scelte diagnostiche ponderate, prevenire la over-diagnosi e la conseguente medicalizzazione: quindi “fare meno, fare meglio”.

In attesa di incontrarvi come sempre numerosi allego i seguenti links:

Il diabete gestazionale: esiste? presentazione al convegno Andria a Bologna il 20 aprile 2013

Altri links consigliati:

www.preventingoverdiagnosis.net

www.choosingwisely.org

www.sellingsickness.com

www.slowmedicine.it

 

2. Il rapporto  Euro-Peristat (maggio 2013)  di Barbara Grandi

European Perinatal Health Report: The health and care of pregnant women and their babies in 2010. http://www.europeristat.com.

Il rapporto Euro-Peristat 2013 si riferisce alle nascita avvenute in 29 paesi europei nel 2010.

a) I dati sui parti del 2010 in Europa, il caso Italia

Non ci sono grosse novità nel rapporto. ll tasso dei cesarei aumenta dovunque in Europa, con l’eccezione  di Finlandia e Svezia, in cui diminuisce.  In Italia l’aumento rispetto al precedente rapporto  che si riferiva al 2004  è solo dello 0,2 %. Comunque  l’Italia si riconferma (dopo Cipro) il paese con più cesarei, ma ha anche il record europeo rispetto all’età media della donna che partorisce ( il 34,7 % ha più di 35 anni).  Ma questo non basta a giustificare l’elevato ricorso al TC.

“Le pratiche relative al TC non si sono omogeneizzate in Europa nel tempo. I tassi nel 2010 andavano dal 52% di Cipro , 38% in Italia, 36,9% in Romania ,e 36.3% in Portogallo  a meno del 20% in Olanda, Slovenia, Finlandia, Svezia, Islanda e Norvegia.

Le differenze nei fattori di rischio  di TC nella popolazione , come l’età materna e la parità, non sono sufficienti a spiegare queste ampie differenze. Tra i paesi con alte proporzioni di madri più vecchie , l’Italia e il Portogallo avevano tassi elevati di TC , mentre l’Olanda e la Finlandia  avevano tassi  bassi.”

Inoltre si commenta:” Le variazioni nelle pratiche ostetriche sollevano dubbi sul ruolo dell’evidenza scientifica  nelle decisioni cliniche. Oltre ai TC, altri aspetti della pratica clinica  variano molto. Per esempio, il tasso di episiotomie  andava dal 5 % al 70% dei parti vaginali, benchè l’evidenza oggi disponibile non appoggi l’uso rutinario di questa procedura. I tassi erano attorno al  70% a Cipro, in Polonia, in Portogallo e in Romania…..I tassi più bassi , tra il 5 e il 7 %, erano riportati in Danimarca, Svezia e Islanda.

Rispetto al luogo del parto :” Mentre la proporzione di nascite in grosse maternità è aumentata in molti paesi, tuttavia  la dimensione delle maternità varia  ampiamente.  Poche nascite in totale sono avvenute  in maternità con meno di 500 parti nel 2010,ma la proporzione in alcuni paesi è alta (16.1% in Germania, 17.6% in Estonia, 18.3% in Svizzera, e 61.9% a Cipro). Dall’altro lato dello spettro ,in Danimarca, Irlanda, Lettonia, Slovenia , Svezia, Inghilterra e Scozia, più di un quarto delle nascite  avviene in maternità con più di 5000 parti all’anno.”

Sul parto a domicilio : “Molti paesi riportano che meno dell’1% delle nascite è avvenuta a casa. In Inghilterra sono state il 2.7%, in Galles il 3.7%, in Islanda l’1.8% e in Scozia l’1.4%.

b) Considerazioni sul caso Olanda

Ho pensato di fare una libera traduzione di un articolo comparso su Midwifery Today (DavisFloyd R, Faber M, De Vries R., “ An update on the Netherlands“, issue 105, Spring 2013, pp 55-59), pubblicato anche sul numero di giugno di MIDIRS, che contiene un’aggiornata analisi della situazione dell’assistenza ostetrica in Olanda . 

Quelli che, come me da più di 30 anni, sono impegnati a difendere il parto dagli eccessi di medicalizzazione, hanno sempre guardato all’Olanda con grande interesse. Nel 1981, per due settimane, ho frequentato in Olanda reparti di maternità negli Ospedali e Centri per la Nascita, ho accompagnato ostetriche nei parti a casa, ho assistito a lezioni condotte da ostetriche e rivolte agli studenti di medicina (!) e ho avuto la fortuna di parlare a lungo con Kloosterman, un grande maestro, che mi ha indicato una strada da percorrere nella vita. Cardine del sistema olandese è sempre stata l’alta percentuale di parti a casa, fenomeno isolato in un’ Europa in cui la medicalizzazione si intensificava sempre più, ed esempio da seguire da parte di chi voleva “curare la nascita” nell’interesse di madri e bambini .

 Ma le cose, anche lì, stanno cambiando rapidamente in un modo che mi preoccupa.

 Ho pensato che potesse essere importante approfondire le cause del declino brusco dei parti a casa in Olanda negli ultimi anni e far conoscere le iniziative volte a evitare che venga disperso il capitale unico di esperienze del sistema olandese. Ci sono abbondanti spunti di riflessione anche per noi in Italia. 

Una delle autrici dell’articolo è Robbie Davis-Floyd, una famosa antropologa americana che alcuni di voi hanno conosciuto a Castiglioncello nel convegno “L’Arte Ostetrica”, che ho organizzato nel 2007 con Irene Genovese.

In Olanda dal 1980 al 2009, gli olandesi hanno mantenuto un tasso di parti in casa del 30%- 35%. Tra il 2009 e il 2012 il tasso è caduto al 23% (e il tasso di TC è salito dal 12% al 16%).

Questo andamento è preoccupante, i reparti di ostetricia scoppiano e viene minacciata l’autonomia, universalmente ammirata, delle ostetriche olandesi. Eppure non c’è stata una ristrutturazione del sistema sanitario da parte del governo.

Vediamo allora i motivi del declino del parto a casa:

1) Il cambiamento culturale.

Si dice che in Olanda, un paese conservatore di contadini, pescatori e commercianti, ogni cosa avvenga con 50 anni di ritardo. Ma ora l’Olanda è arrivata ad essere un paese tecnocratico come gli altri. Ora c’è una nuova generazione di donne, e molte di loro sono convinte dei vantaggi del parto ospedaliero (epidurali incluse) e c’è una nuova generazione di ostetriche molte delle quali vorrebbero un lavoro ospedaliero con orari e stipendi regolari.

Il ruolo delle donne nel mondo del lavoro è cambiato, sono aumentate quelle che hanno un lavoro pagato e sono diminuite le casalinghe. Molte pensano che non sia comodo partorire in casa, dove devono organizzare, preparare, pulire mentre in ospedale c’è qualcuno che lo fa per loro.

Le ostetriche, sempre di più lavorano in gruppo e non da sole (3 o più nel 79% dei casi), perchè così possono avere una vita un pò più normale, potendo fare qualche programma .

Le ostetriche che assistono a casa lavorano tantissimo: per guadagnare un salario pieno devono assistere 105 parti all’anno (negli anni ’90 erano 160 all’anno!). Possono seguire meno casi, ma il salario si riduce.

In gruppo, l’organizzazione della vita è un pò più facile, ma viene a turbarsi quella connessione intima che c’è tra la donna e la sua ostetrica, così importante nel parto a casa.

2) Il sensazionalismo dei media.

Questo andamento culturale è stato accelerato dalla comparsa sui media di notizie allarmanti sullo stato delle nascite nel sistema olandese. Nel 2008, Peristat ha riportato che il tasso di mortalità perinatale in Olanda (10,2‰), era il doppio di quello dei paesi vicini, il più alto di tutti i paesi europei con l’eccezione della Francia. I media hanno fatto un collegamento privo di fondamento tra questi risultati e l’alto numero di parti a casa, con grossi titoli che criticavano il medioevale sistema di assistenza alla maternità nel loro paese. I giornali non segnalavano che in Francia, benchè la quasi la totalità dei parti avvenga in ospedale, la mortalità perinatale era ancora più alta. Oppure che nello studio Peristat, si utilizzavano nei vari paesi diverse età gestazionali per definire la mortalità perinatale (da 22 a 28 settimane).

Nel 2009, in uno studio di de Jonge, vennero controllate centinaia di migliaia di nascite e non sono state trovate differenze nella mortalità perinatale tra casa e ospedale. Altri studi hanno evidenziato che la mortalità perinatale era legata per lo più a parti programmati in ospedale di una popolazione socialmente disagiata, di solito immigrata. Ma ormai era tardi, le donne gravide e le ostetriche erano terrorizzate, i parti in casa crollarono e aumentarono sia i tassi di trasferimento ai ginecologi in gravidanza da parte delle ostetriche (60% nelle primipare) che i tassi di trasferimento in ospedale per il parto (50% nelle primipare).

3) L’imbarazzo dei ginecologi.

Sembra che alcuni ginecologi siano imbarazzati dalla persistenza del parto in casa in Olanda. La vecchia generazione di ginecologi (ricordiamo Kloosterman), era orgogliosa dell’alto tasso di parti in casa e si impegnava a sostenere le ostetriche e la nascita fisiologica. I giovani ginecologi, frequentando le conferenze internazionali, erano stanchi di essere criticati per il loro sistema “premoderno” di assistenza alla nascita e desiderosi di impegnarsi con le nuove tecnologie.

4)La chiusura delle piccole maternità.

Nell’intento di ridurre i costi, molte piccole maternità sono state chiuse. Purtroppo i costi per la salute invece hanno continuato ad aumentare e ora l’Olanda detiene in Europa il più alto costo pro-capite per la salute.

Molte donne pensano che non sia legale partorire in casa se il domicilio è più lontano di 30 minuti da un ospedale. In realtà si tratta di una linea guida, non di una legge, ma così pensano di dover partorire in un grosso ospedale anche se vorrebbero partorire a casa. Oppure non riescono a trovare, soprattutto nelle aree rurali, delle ostetriche disposte ad aiutarle.

5) L’aumento di trasferimenti in ospedale.

Sia in gravidanza che nel parto, sono aumentati i trasferimenti e la gente ha l’impressione che questo avvenga perchè la nascita è pericolosa e imprevedibile. Ai tempi di Kloosterman i trasferimenti avvenivano per ragioni come l’emorragia post partum o il distress fetale. Ma ora intervengono di più fattori legati alla storia medica, come il pregresso cesareo (i cesarei stanno aumentando) o la ”mancata progressione in travaglio che necessita di terapia per il dolore”. Secondo Marjolein Farber, una delle coautrici di questo articolo, vengono trascurati nell’educazione delle ostetriche gli aspetti che riguerdano l’intimità, il calore, l’amore ecc.

Gli organismi rappresentativi delle ostetriche tendono a considerare la loro come una professione medica che è focalizzata nella rilevazione di eventuali patologie e il trasferimento dell’assistenza ai medici quando queste intervengono.

Non considerano molto il ruolo delle ostetriche nella promozione della salute per la madre e il bambino, sia a breve che a lungo termine. I programmi educativi, più orientati sulla ricerca e sulla medicina basata sull’evidenza che su altre competenze ostetriche meno mediche, non lasciano spazio per una formazione che aiuti a creare l’intima relazione tra donna e ostetrica che fa bene alla nascita.

Come conseguenza dell’alto numero di trasferimenti, le giovani ostetriche e le studentesse sono meno esposte alla varietà di situazioni nelle nascite normali che avvengono a casa, e hanno invece più esperienza di parti ospedalieri. Le conoscenze significative dell’arte ostetrica si perdono gradualmente e la minore esperienza acquisita nei parti in casa fa aumentare il tasso dei trasferimenti, in un circolo vizioso che fa ulteriormente diminuire i parti in casa.

Novità e sviluppi positivi: il desiderio di partorire a casa continua, aumentano le doule e i Centri per la Nascita (Case di Maternità)! Non tutto è perduto!

Un’associazione olandese ha interrogato 1000 madri sulla loro esperienza di parto e l’80% di loro ha espresso il desiderio che venga mantenuta la libertà di scelta sul luogo del parto, così tipica e speciale dell’Olanda. Il 60% delle madri sceglierebbe, se fosse possibile farlo, il parto a casa, accompagnate da una persona di fiducia. Solo l’11% preferirebbe il parto ospedaliero con la supervisione di un ginecologo.

Bisogna ricordare che l’atteggiamento delle ostetriche olandesi verso il parto in casa è stato ed è molto diverso da quello delle ostetriche americane, che quando vengono chiamate, spesso nella fase iniziale del travaglio, si trasferiscono a casa delle partorienti e si fermano fino a dopo il parto. Questo, secondo le ostetriche olandesi, non è “normale”, è un modo di fare iperprotettivo (mollycoddling). Loro che sono super-impegnate si aspettano che le loro clienti se la cavino da sole nel travaglio iniziale. Quando vengono chiamate, vanno a fare un controllo e poi continuano a svolgere le loro attività di visite pre e post natali, aspettando che le partorienti semplicemente le richiamino quando il parto è imminente. Ma una nuova generazione di assistenti alla nascita olandesi, forse influenzata da film e storie di parti in casa negli USA o altrove, non vogliono essere “normali”, ma vogliono essere “mollycoddling”!

Ci sono state due risposte a questa nuova domanda.

In certe zone sono state preparate come doule anche le kraamverzorgende, (donne formate per prendersi cura della famiglia dopo la nascita, per 40 ore distribuite in otto giorni; un servizio coperto dall’assicurazione) in modo che andassero a casa della donna in travaglio e si fermassero con lei finchè non fosse il tempo di chiamare l’ostetrica.

Da altre parti sono le ostetriche stesse che offrono un’assistenza più assidua, ma si fanno pagare per questo perchè devono limitare il numero dei casi che si prendono in carico. Nessuna delle due soluzioni è perfetta. L’uso delle kraamverzorgende come doule per il travaglio è ancora agli inizi. Molte donne non l’hanno conosciuta prima e non sono sicure di volerla intorno. Molte ostetriche non la chiamano e lasciano la donna da sola. Il concetto di “ostetrica privata” è attraente, ma la scelta è limitata alle donne che possono pagare il servizio speciale.

Un altra novità in Olanda è la costruzione di Centri per la Nascita in tutto il paese per riempire il vuoto creato dalla chiusura di tanti piccoli ospedali. L’dea è quella di creare spazi per la protezione della nascita fisiologica, un posto per le donne che non vogliono il parto a casa o che ritengono di abitare troppo lontano dall’ospedale, dove si eviti la tentazione di intervenire sempre, così tipica del parto ospedaliero.

La maggior parte dei nuovi centri per la nascita è collocata all’interno o vicino a un grande ospedale e ci lavorano ostetriche abituate a lavorare in autonomia nei parti a casa, più esperte di quelle ospedaliere nella promozione della nascita fisiologica. Ma oggi, per la diminuzione dei parti a casa, gli ospedali sono spesso sovraffollati e accade che il centro per la nascita non possa accettare nuove donne (perchè non potrebbe, in caso di bisogno, trasferirle all’ospedale).

Le conferenze di Robbie Danis-Floyd e le nuove iniziative

Nel settembre 2012 Robbie Davis –Floyd ha trascorso una settimana ai dipartimenti di scienze ostetriche di Rotterdam, Amsterdam e Maastricht e, nella sua conferenza sull’ostetrica postmoderna, ha affermato che il sistema olandese non è una vestigia del passato, ma piuttosto un sistema postmoderno all’avanguardia, a cui hanno sempre guardato con ammirazione gli attivisti della nascita di tutto il mondo e che deve essere preservato. Questo messaggio ha avuto molto successo e sta ispirando molto studentesse e insegnanti.

Marjolein Farber, una studentessa che ha lasciato la facoltà di medicina per diventare ostetrica, con un percorso di workshop e corsi che insegnavano la promozione della fisiologia, compiuti al di fuori dell’università, si è resa conto che questi insegnamenti, per i costi e per il poco tempo disponibile, erano difficilmente abbordabili dalle studentesse di ostetricia e, nel 2011, ha cominciato a organizzare eventi relativamente brevi e dai costi limitati. Ha invitato a partecipare studenti, insegnanti, ostetriche, medici, doule, infermiere, coppie in attesa, chiunque sia attivo e interessato all’assistenza ostetrica, invitando a portare esperienze, conoscenze, problemi.

Sono stati organizzati incontri sul parto in acqua, la distocia di spalle, l’ipnoterapia, l’omeopatia, i dirittti umani nella nascita, le posizioni per il parto e altro. Si cerca di costruire ponti verso l’establishment medico.

Si è formato un nuovo “Movimento per la Nascita”, dedicato a preservare il meglio del sistema olandese e a portarlo avanti con la partecipazione di ostetriche , studentesse e attiviste. Molte ostetriche, prendendo lo spunto da un termine usato da Robbie, si sono identificate come “Renegade midwives”[traduzione: Ostetriche rinnegate”] nel senso che pongono gli interessi e i desideri delle donne prima di quelli della professione.

Conclusione dell’articolo: bisogna fare di tutto per favorire i nuovi sviluppi dell’ostetricia olandese

In Olanda il tasso dei TC è del 16%, vi è un tasso di parti in casa del 23% [il tasso riportato è superiore a quello indicato da Euro-Peristat, non so dire il motivo], una percentuale di epidurali del 9,8% nel 2008, un basso tasso di induzioni (15% nel 2008), una mortalità perinatale del 4.8‰ se calcolata dalle 28 settimane.

Il sistema olandese continua ad essere il migliore, nei paesi sviluppati, nel sostenere la nascita fisiologica e c’è speranza che questo modello venga mantenuto e migliorato!Indice

 

3. BMJ: Partorire a casa è più sicuro che partorire in ospedale per gravide a basso rischio  di Greta Loni

Lo dimostra uno studio Olandese pubblicato sul British Medical Journal. Il team di ricercatori si proponeva di rispondere a uno degli argomenti più dibattuti degli ultimi tempi, ossia se la percentuale di morbilità materna acuta fosse più elevata nel parto a domicilio o nel parto in ospedale. A tale scopo sono stati utilizzati i dati di un precedente studio sulla morbilità materna e il registro nazionale delle nascite dall’ Agosto 2004 all’ Agosto 2006. Oggetto di studio 146.752 donne con gravidanze a basso rischio di cui il 63% aveva deciso di dare alla Luce nella propria abitazione e il 37% aveva pianificato un parto in ospedale (di tutti i paesi occidentali i Paesi Bassi sono quelli con la più elevata percentuale di parti a domicilio). Ciò che è emerso è che il parto in casa è più “sicuro” poiché le donne che decidevano di partorire in un centro ospedaliero andavano più spesso incontro a gravi complicanze quali rottura d’ utero, eclampsia, emorragia post-parto e secondamento manuale; la differenza maggiore è emersa poi in maggior misura nelle pluripare rispetto a coloro che erano alla loro prima esperienza.

Articolo originale: http://www.bmj.com/press-releases/2013/06/13/severe-maternal-complications-less-common-during-home-births

 

4. EMA (Agenzia europea dei farmaci): contraccettivi di 3° e 4° generazione rimandati ad ottobre.

Intanto in Francia si cambia. di Pietro Puzzi

Si è riunito a Londra dal 8 al 11 luglio il PRAC (comitato per la farmacovigilanza-EMA) per esaminare i dati relativi al presunto maggior rischio tromboembolico dei contraccettivi ormonali di 3° e 4° generazione, su richiesta di ANSM (Agenzia francese per la sicurezza di farmaci e prodotti sanitari). Il PRAC ha rinviato la decisone a dopo la prossima riunione di ottobre, aggiornando la pagina web informativa.

Intanto in Francia la contraccezione è già cambiata, per azione di un monitoraggio intensivo e di una migliore e diffusa informazione alle utenti. Sono calate del 20% le vendite delle pillole di 3-4° generazione e sono aumentate del 29% quelle delle pillole di 2°. E’ aumentato del 45% l’uso dei DIU al rame.

Vedi

Comunicato PRAC-EMA del 12 luglio 2013

Comunicato ANSM (francese) del 26 giugno 2013

 

5 Consultori e contraccezione: 2 diritti da riconquistare di Pietro Puzzi

Dopo la iniziativa di Roma del 9 novembre 2012 <Libere di scegliere: libere di partorire, di abortire e di contraccepire> alcuni dei partecipanti hanno approfondito questi argomenti con 2 iniziative

La richiesta ad AIFA di passare in classe A alcuni contraccettivi (pillole di 2° generazione, pillola solo progestinica e DIU al levonorgestrel con alcune note specifiche) si è fermata davanti ad un inghippo legale che attribuisce alle aziende la facoltà di decidere se chiedere o meno la rimborsabilità da parte del SSN. http://www.voxdiritti.it/?p=1567

La battaglia sui consultori diventa particolarmente ostica in Lombardia se non si trovano forze necessarie a contrastare le derive attuali (ticket sulle prestazioni estesi a giovani e puerpere; obbligo della prescrizione per l’accesso alle prestazioni sanitarie. Maroni ha presentato il suo programma ed ha deliberato con DGR X/116 che i consultori sono superati da nuove strutture chiamate centri per la famiglia, che si occupereranno di varie ‘fragilità familiari’.

Punto di forza un nuovo sito della Associazione <VOX diritti>, fondato da Marilisa d’Amico, che ha pubblicato i nostri materiali nella sezione <Libertà di scelta> http://www.voxdiritti.it/?p=1564 http://www.voxdiritti.it/?p=1623

Indice

6 Portare e cambiare i piccoli: le fasce e i pannolini utili per vivere meglio di Greta Loni

Per Voi, soci di Andria, abbiamo riassunto il testo di un articolo scientifico a firma di quattro Medici Pediatri Italiani apparso sul numero 6 di Giugno 2011 della rivista “Medico e Bambino” sul tema dei pannolini lavabili. Crediamo che, sebbene scarna di evidenze scientifiche, questa tematica sia importante sia per la tutela della salute dei nostri bambini che per la tutela della salute dell’ Ambiente, ricordiamo infatti che per vivere in Salute è importante vivere in un Ambiente Sano. Abbiamo quindi messo a confronto i “vecchi” pannolini lavabili con i sicuramente più comodi usa e getta e lo abbiamo fatto per capire quale sia veramente il prezzo della comodità.

E’ stato calcolato  che in un anno solo in Europa occidentale vengono utilizzati 24 miliardi di pannolini usa e getta da 16 milioni di bambini e che il tempo utile alla biodegradazione sarà di 450 anni.

Sacrificare parte del proprio tempo per lavare i pannolini? Abbandonare le eleganti carrozzine per “indossare” i bambini con la fascia porta bebè? Si può fare, soprattutto se si considerano i tanti benefici per la salute dell’ ambiente e degli stessi bambini.

Abbandonare i sicuramente più comodi usa e getta in favore dei lavabili ha un prezzo, che è la comodità. Ma qual’ è realmente il prezzo della comodità?

I 24 miliardi di pannolini usa e getta utilizzati ogni anno in Europa occidentale costituiscono il 20% dei rifiuti solidi. Essi occuperanno le nostre discariche molto a lungo dato che il tempo di biodegradazione è di 450 anni. L’incenerimento non è certo una soluzione percorribile per la conseguente emissione in atmosfera di diossine, IPA (idrocarburi policiclici aromatici) ed altre sostanze inquinanti estremamente persistenti e dannose per la salute.

Analizzando poi più attentamente i materiali che vengono a contatto con la pelle dei nostri bambini a seguito dell’uso dei pannolini usa e getta sappiamo che ai polimeri che li rendevano già superassorbenti al loro lancio sul mercato sono state aggiunte membrane interne in polipropilene per  impermeabilità e recentemente ossido di zinco sulla superficie interna per la prevenzione e/o cura dell’eritema da pannolino (sebbene non vi siano evidenze in letteratura che consiglino l’applicazione quotidiana di ossido di zinco per la prevenzione delle dermatiti, ma anzi, suscita qualche perplessità il continuo contatto di prodotti chimici con la pelle del bambino in condizione di occlusione). Un’indagine di Greenpeace, inoltre, ha individuato in pannolini usa e getta di alcune marche la presenza in tracce di TBT (stagno tributile), battericida e fungicida molto potente usato nelle vernici antivegetative per barche e  come conservante nei tessuti. Studi su animali hanno dimostrato che il TBT interferisce col sistema immunitario e riproduttivo. E se scoprissimo che la riduzione della temperatura scrotale, causata dal film protettivo in plastica,  è una delle concause della riduzione della fertilità??

E se ci sono studi che hanno certificato una maggiore prevenzione della dermatite da pannolino con l’utilizzo di usa e getta, diventa interessante scoprire che sono stati condotti da esperti sovvenzionati dalle multinazionali del settore, produttrici di Huggies e Pampers. Una recente revisione di questi studi da parte della Cochrane ha evidenziato infatti che non vi è alcuna differenza nell’ utilizzo dei pannolini se si garantisce una buona igiene.

E se scopriamo poi che il prezzo della comodità può essere ricompensato dal rendere i nostri bambini indipendenti dal pannolino dai 6 ai 18 mesi prima? La sensazione fastidiosa di “bagnato” susciterebbe nel bambino l’ esigenza di raggiungere il controllo sfinteriale quanto prima mentre la mamma, per uscire dal “ciclone” dei lavaggi, è più motivata a sostenere il bambino nel raggiungimento dell’ obiettivo-vasino.

E infine, l’ ultimo grande vantaggio dei lavabili: quello economico. Dai 700 ai 1800 euro risparmiati in tre anni da ogni famiglia a cui si aggiungono circa 200 euro a bambino risparmiati dalla collettività per  la riduzione dei rifiuti indifferenziati raccolti e conferiti in discarica.

E’ questo il motivo per cui molti Comuni italiani hanno promosso un sistema di incentivi all’uso del pannolino lavabile. La speranza è che un numero sempre maggiore di famiglie si sensibilizzi sul tema della salute e della sostenibilità ambientale, sottraendosi alle illusioni pubblicitarie di Big Pharma e   ricordando che per vivere in salute è necessario conoscere, fare scelte consapevoli e vivere in un ambiente sano…A chi il compito di informare riguardo all’ importanza di determinate scelte, se non a Noi, operatori della Salute??

A tal proposito andiamo a parlare di un altro fenomeno, in crescita anche in Italia a partire dagli ultimi anni: il “portare” il proprio bambino nella fascia porta bebè. Già nel 1986 una ricerca scientifica condotta da Barr e Hunziker e pubblicata su Pediatrics aveva dimostrato che i neonati portati nella fascia per almeno tre ore nell’ arco delle 24 ore piangevano il 43% in meno dei loro coetanei durante il giorno e il 51% nelle ore serali; sappiamo inoltre, da studi condotti sulle popolazioni che adottano questa pratica culturalmente, che i bambini “portati” apprendono di più, essendo maggiormente stimolati e sperimentando cinesteticamente tutto ciò che fa l’ adulto; è ormai risaputo poi che il contatto “pancia contro pancia” e la posizione verticale riducono l’ insorgenza di coliche e di problematiche legate alla digestione, prevenendo anche i fastidiosi rigurgiti; uno studio condotto da Pisacane ed altri pediatri ha recentemente dimostrato che i bambini portati nella fascia durante il primo mese di vita vengono allattati esclusivamente al seno per un tempo maggiore rispetto a quelli trasportati nella carrozzina.

Quando il bambino si trova in fascia abbracciato alla madre, egli si sente al sicuro, questo gli da fiducia e protezione ed è in sintonia con il ritmo del suo respiro, il suono del suo battito cardiaco ed i suoi movimenti. Questa stimolazione lo aiuta a regolare le proprie reazioni fisiche e a sviluppare meglio le proprie capacità motorie, tant’ è che tenendo in braccio un neonato portato nella fascia si percepirà subito la maggiore tonicità e capacità di stare eretto con la schiena ed aggrapparsi all’ adulto. Sappiamo poi che la ricerca ha dimostrato che i neonati prematuri che vengono portati nella fascia porta bebè, o che stanno tanto in braccio, aumentano di peso più velocemente, questo perchè il rimanere in uno stato di quiete piuttosto che di allarme non fa produrre loro stress e disperdere energie e calore. Per quanto riguarda l’ aspetto pratico della fascia, la mamma che porta il suo bambino ha entrambe le mani libere per poter far da mangiare, lavorare, portare le borse della spesa e giocare con altri bambini. Inoltre non è strettamente necessario che sia la mamma a portare il bambino ma possono essere il papà, i nonni ed altri componenti della famiglia che possono trarre vantaggio da questo metodo per farsi conoscere dal bambino che riconoscerà il loro battito cardiaco, la loro voce e gestualità e sarà pronto per instaurare una buona relazione anche con loro. La fascia  non è quindi solo una modalità per tras-portare il proprio bambino ma è piuttosto un modo per ascoltarlo, conoscerlo meglio ed aiutarlo nello, spesso doloroso, adattamento alla vita extruterina; secondo un modello di educazione che non è quello “a basso contatto” di cure con cui per decenni in occidente ci siamo illusi di poter stimolare i nostri bambini, verso un distacco ed una autonomia precoce di utilità piuttosto dubbia, ma piuttosto secondo un modello “ad alto contatto” di cure, più tradizionale, che soddisfi i reali bisogni del bambino piuttosto che le necessità dell’ adulto.

Pubblichiamo il testo di un articolo scientifico a firma di quattro Medici Pediatri Italiani sul tema pannolini lavabili, apparso sul numero 6 (Giugno 2011; pagg. 374-378) della rivista “Medico e Bambino“.

Pannolini usa e getta o lavabili?

Fra letteratura e buon senso…

Vincenza  Briscioli1, Federico Marolla2, Annamaria Moschetti3, Elena  Uga4

1ACP Lombardia; 2ACP Lazio; 3ACP Puglia e Basilicata; 4ACP Ovest
Gruppo ACP “Pediatri per un Mondo Possibile”

Un esercito di pannolini ci seppellirà. Non è uno scherzo; ogni bambino “produce” circa 5 tonnellate di pannolini usa e getta; e questi pannolini costituiscono il 20% circa dell’intero pool delle spazzature. Fortuna che il saldo della natalità è in negativo!

I panni lavabili di stoffa che, nel mondo occidentale, erano di uso comune fino al 1960 circa, sono stati progressivamente sostituiti negli anni dai panni usa e getta (disposable diaper, DD). Si calcola che negli USA, dal 1989 a oggi, siano stati usati 18 miliardi di DD al l’anno e che ogni anno circa 24 miliardi di DD vengano usati da quasi 16 milioni di bambini in Europa occidentale. I DD nel tempo sono stati preferiti dalle famiglie per la loro indubbia comodità d’uso (cambio più rapido e non necessità di lavaggio) e per il sempre crescente miglioramento della loro qualità in termini di assorbenza. Nel 1980 circa, infatti, comparvero sul mercato pannolini forniti al loro interno di polimeri superassorbenti.

Successivamente la qualità del prodotto è stata ulteriormente migliorata con l’aggiunta di una membrana interna sintetica in polipropilene che costituisce un film impermeabile all’acqua, ma permeabile al vapore. Infine, sono comparsi in commercio pannolini addizionati sulla superficie interna di ossido di zinco come supporto ulteriore per la prevenzione e/o cura dell’eritema da pannolino. A tale proposito non vi sono evidenze in letteratura che supportino l’applicazione quotidiana di ossido di zinco per la prevenzione delle dermatiti, mentre rimangono delle perplessità sulla innocuità di una pratica che preveda il continuo contatto di prodotti chimici con la pelle del bambino in condizione di occlusione.

In seguito a questi interventi migliorativi i DD sono stati pubblicizzati come prodotti pratici e affidabili nella prevenzione dell’eritema e della dermatite da pannolino, queste ultime notoriamente provocate dall’effetto di riduzione delle difese della pelle conseguente alla macerazione per l’esposizione prolungata alle urine, agli enzimi fecali e alla successiva colonizzazione da Candida.
A fronte di questi progressi l’enorme quantitativo di DD immessi nell’ambiente ha sollevato seri dubbi riguardo alla compatibilità ambientale degli stessi e ai danni che ne possono derivare per l’ambiente e dunque per la salute collettiva delle presenti e future generazioni.

Le ragioni di questa perplessità si fondano su alcuni punti:
• L’elevata persistenza nell’ambiente dei DD che necessitano di circa 450 anni per essere biodegradati qualora dismessi nelle discariche come rifiuto tal quale e il rischio, legato alla dismissione in discarica, del successivo possibile inquinamento di falde acquifere e suolo.
• L’immissione in ambiente, qualora inceneriti, di diossine, IPA (idrocarburi policiclici aromatici) e altri inquinanti estremamente persistenti e dannosi per la salute.
• Lo spreco di materie prime come acqua e cellulosa per fabbricarli e per imballarli e il consumo energetico necessario per produrli e per trasportarli.
In seguito a questa consapevolezza, recentemente si è assistito al ritorno della produzione e dell’uso di pannolini di stoffa, di moderna concezione, del tutto simili agli “usa e getta” ma che si lavano in lavatrice.
A fronte di queste considerazioni il pediatra può valorizzare il suo ruolo attraverso la relazione di fiducia che ha instaurato con le famiglie per introdurre una seria riflessione sull’uso dei DD, nel contesto di un’azione continua di sensibilizzazione delle famiglie ai temi ambientali e può promuovere, per quanto possibile, l’uso dei pannolini lavabili. È tuttavia necessario essere consapevoli delle difficoltà: ovvero scalfire usanze consolidate e controinformare. Vi sono infatti messaggi pubblicitari quotidiani pervasivi che invadono la vita delle famiglie e sono sostenuti da forti interessi economici.
Qui di seguito vengono riportati gli spunti di riflessione intorno ai quali è possibile articolare la nostra discussione con i genitori.

I pannolini lavabili sono sicuri quanto i DD rispetto alla prevenzione della dermatite da pannolino?

Negli anni è stata prodotta letteratura scientifica per valutare l’efficacia nella prevenzione della dermatite da pannolino, concludendo per una supposta maggiore efficacia dei DD rispetto ai lavabili. Tuttavia, la maggior parte di questi articoli scientifici soffre di un evidente conflitto di interessi, essendo stata prodotta da professionisti pagati dalle multinazionali del settore (Procter & Gamble Corporation e Kimberly Clark Corporation, produttrici rispettivamente dei Pampers e degli Huggies). Una recente revisione indipendente della Cochrane conclude che al momento non vi è alcuna dimostrazione che il DD sia più efficace del pannolino di stoffa nel prevenire la dermatite da pannolino. Alla luce di questo si deve concludere che, qualunque sia la scelta che la famiglia faccia, l’intervento preventivo utile ed efficace in ogni caso è la pulizia della pelle tempestiva mediante frequenti cambi di pannolino.

I pannolini lavabili potrebbero anticipare l’acquisizione del controllo degli sfinteri?

Se da una parte diversi studi hanno riportato che negli ultimi 20-30 anni i bambini hanno ritardato il controllo degli sfinteri, in media di 6-12 mesi, passando da una media di 18-24 mesi a 30-36 mesi di età, altri studi hanno messo in associazione il ritardo del controllo degli sfinteri con disturbi urinari persistenti come l’incontinenza urinaria, l’enuresi, le infezioni ricorrenti delle vie urinarie, la stipsi.
Poiché il controllo sfinteriale dipende fondamentalmente da due processi: la proposta educativa da parte dei genitori e il riconoscimento da parte del bambino sano dei segnali che giungono dal proprio corpo, è possibile che, oltre al temperamento del bambino, diversi fattori siano chiamati in causa a spiegare tale fenomeno, tra cui quelli culturali e la disponibilità all’uso di pannolini usa e getta. È stato ipotizzato che proprio uno dei vantaggi che ha portato alla rivoluzione degli usa e getta, cioè la superassorbenza dovuta all’acido poliacrilico (che è in grado di assorbire una grande quantità di urine molto superiore al suo peso), determini nel bambino la mancata sensazione di bagnato, ma non ci sono prove disponibili. L’unico studio che ha confrontato i pannolini usa e getta con quelli lavabili per quanto riguarda il controllo degli sfinteri risale al 1987, prima dei pannolini superassorbenti, e non ha trovato differenze significative. È opinione di diversi Autori che la comodità dei pannolini usa e getta possa influire sul ritardo dell’acquisizione del controllo degli sfinteri e che l’eccessiva “attesa educativa” da parte dei genitori sia causa di un esagerato uso di pannolini con chiare ripercussioni sull’ambiente.

I pannolini monouso contengono sostanze chimiche potenzialmente nocive per il bambino?

I pannolini usa e getta sono prodotti industriali “complessi“, che usano materiali sintetici, contengono e possono rilasciare composti chimici, con cui il bambino può entrare in contatto sia per via cutanea che per via inalatoria. Un lavoro su topi in laboratorio ha infatti dimostrato il rilascio in atmosfera di composti tossici da parte dei DD tale da interferire sui parametri respiratori (la frequenza respiratoria, il volume di Tidal e il FEV 50%). Un’indagine di Greenpeace ha individuato in alcuni pannolini usa e getta la presenza in tracce di TBT (stagno tributile), battericida e fungicida molto potente usato nelle vernici antivegetative per le barche e anche come conservante nei tessuti; questa sostanza negli animali interferisce col sistema immunitario e riproduttivo. Anche se non esistono studi sugli effetti sulla salute nei bambini esposti ai composti di stagno e allo stagno, è ragionevole presumere che i bambini presentino lo stesso tipo di effetti sulla salute osservati in soggetti adulti. Nei soggetti adulti il TBT può essere assorbito per via cutanea e inalatoria, può produrre irritazione cutanea e danni neurologici; pertanto, seguendo le indicazioni dell’ATSDR (Agency forToxic Substances and Disease Registry), è ragionevole evitarne il contatto. Se non sono noti danni sui bambini provocati da queste sostanze, appare necessario, a fronte della loro pericolosità, adottare un criterio di precauzione; vi sono invece segnalazioni in letteratura di dermatiti da contatto determinate da altre sostanze chimiche presenti nei DD (quali agenti con funzione di coloranti, conservanti, colle, additivi della gomma, atti a prevenirne l’ossidazione). La più nota dermatite da contatto determinata dai DD è la “Lucky Luke dermatitis”, caratterizzata da lesioni tipicamente disposte nella zona delle fondine delle pistole, in corrispondenza con la zona dove sono gli elastici
dei DD. Essa è più spesso causata da additivi per gomma, in particolare il mercaptobenzotiazolo trovato negli elastici o il cyclohexlthiopthalimide, un ritardante di vulcanizzazione della gomma, o anche il p-ter-butil-fenolo-formaldeide, una resina usata negli adesivi per aumentare la flessibilità e la resistenza all’acqua.

I pannolini lavabili possono contribuire a ridurre la temperatura scrotale?

L’esteriorizzazione delle gonadi maschili è una caratteristica dei mammiferi ed è funzionale al mantenimento nelle gonadi di una temperatura più bassa di quella intraddominale . Temperature elevate, infatti, possono essere dannose per la produzione dellosperma sia per gli effetti nella popolazione di cellule staminali sia per gli effetti sulla spermatogenesi. I pannolini usa e getta sono internamente rivestiti da un film di plastica, che impedisce la normale traspirazione della pelle, ed è dimostrato che aumenta di 1 °C la temperatura dei genitali. Ciò ha destato la preoccupazione del mondo scientifico anche a fronte di un trend secolare di riduzione della fertilità maschile cui, oltre a cause genetiche e ambientali, possono concorrere stili di vita. Anche se in letteratura non esistono dimostrazioni dirette del fatto che usare DD sia correlato, in quanto tale, all’incremento della sterilità maschile, in ambito pediatrico può essere utile e di buon senso avvalersi della scelta del principio di precauzione.

I pannolini lavabili sono realmente ecosostenibili?

Il problema dei rifiuti è un problema che ricade pesantemente sulla salute pubblica e ancor più su quella infantile, questo è noto, ed è anche noto che i pannolini usa e getta costituiscono circa il 20% dei rifiuti solidi delle nostre discariche, quindi dobbiamo criticamente valutarne le possibili alternative. I reali vantaggi ecologici dei pannolini lavabili sono però stati recentemente messi in dubbio. I detrattori si appellano al fatto che la stessa produzione del pannolino di stoffa ha un impatto ambientale e che il pannolino di stoffa va lavato (con il consumo di acqua, detergenti ed energia); sappiamo però che i consumi di acqua ed energia relativi a produzione e uso dei pannolini lavabili non sono significativamente superiori a quelli che servono per la produzione degli usa e getta, quindi l’impatto del loro utilizzo sul riscaldamento globale è simile. A parità di emissioni di CO2, i pannolini lavabili consentono però una riduzione di rifiuti solidi la cui decomposizione richiede centinaia di anni, inquina e ha una ricaduta indiretta sulla salute pubblica.

I pannolini lavabili danno vantaggi economici alle famiglie e alla collettività?

Spesso viene riferita una grande “scomodità del lavabile” (lavatrici, bucati, termosifoni ricoperti di pannolini nella stagione invernale). È stato stimato un impegno di soli 60 minuti in più alla settimana per “gestire” i pannolini lavabili, che fa ritenere che il freno sia più che altro culturale e/o indotto dal marketing delle multinazionali che producono i DD.
Inoltre il vero grande vantaggio dei lavabili per le famiglie è quello economico. La spesa media dei pannolini usa e getta, stimando tre anni di utilizzo, è 1500-2000 euro. La spesa media di un pannolino lavabile sempre in tre anni varia da 200 a 800 euro (a seconda del modello), e possono essere riutilizzati da fratelli o amici. I genitori, qualora scelgano il lavabile, vanno istruiti sul non utilizzare detergenti aggressivi e inquinanti né altissime temperature per le lavatrici e di non usare asciugatrici, poiché sarebbero a rischio l’impatto ambientale e anche quello economico. Queste ulteriori informazioni possono rappresentare l’occasione per avviare una riflessione sui detersivi usati, talora in modo eccessivo, e orientare all’adozione di un ulteriore piccolo “eco” gesto quotidiano.

Inoltre l’utilizzo dei pannolini lavabili costituisce un notevole risparmio per le amministrazioni comunali, che viene stimato in circa 200 euro per bambino in 3 anni, tra raccolta e conferimento in discarica come rifiuto indifferenziato. In conseguenza a ciò diversi Comuni italiani hanno promosso un sistema di incentivi all’uso del pannolino lavabile. Intorno a questi punti può articolarsi il “discorso con le famiglie” che può e deve estendersi a parlare di “sostenibilità ambientale” in tutti i suoi aspetti, aiutando le famiglie, in una rivoluzionaria azione educativa, a sollevare lo sguardo dal microcosmo della propria famiglia e del proprio bambino al macrocosmo di cui tutti siamo parte, alla Terra intera, a tutti i bambini e le famiglie che la abitano e che hanno eguale diritto di abitarla nel presente e nel tempo futuro.

 

Indirizzo per corrispondenza:  elena.uga990@gmail.com

La versione originale dell’articolo, comprensiva di abstract, figure, tabelle, box informativi e bibliografia è disponibile sul sito della rivista Medico e Bambino:http://www.medicoebambino.com/?id=1106_374.pdf_c

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